Il Caso MiKalsa di Luca Giuffrida


La questione della chiusura del MiKalsa a causa del reato contestato di “spettacolo abusivo” è ormai cosa nota da una settimana, almeno tra chi ha sempre frequentato l’ormai celebre locale di via Torremuzza e per chi ha sempre seguito a Palermo la musica, ma non solo, con passione e con la voglia di costruire qualcosa di significativo per la città.
Rendere Palermo un centro culturale importante: è sempre stato questo, insomma, l’obiettivo di un locale come il MiKalsa e di chi lo gestisce, Lorenzo Quattrocchi. Ma anche questo locale - uno dei pochi rimasti adibiti alla musica dal vivo senza restrizioni di sorta e con un rispetto ormai inusuale per la musica stessa, oltre che per chi la produce (i musicisti) che per chi ne fruisce (i clienti) – è caduto nella morsa dei controlli a tappeto che negli ultimi mesi stanno “caratterizzando” la città di Palermo. Tali controlli fanno riferimento a una normativa sulla pubblica sicurezza risalente al 1931, che sostanzialmente vieta “intrattenimenti” nei locali pubblici, a meno che non si possieda una “licenza di pubblico spettacolo”; licenza che viene sostanzialmente rilasciata solo a locali pubblici che siano adeguati dal punto di visto strutturale, come le grandi discoteche. Lascia perplessi, oltre a questo, il fatto che esista una sentenza del 1970 della Corte Costituzionale che ha abrogato e di conseguenza reso illegittimi gli articoli del regio decreto di cui sopra. Inoltre, esclusivamente a Palermo, pochi anni fa è stata pensata un’”applicazione” abbastanza singolare di suddetta legge, distinguendo tra “intrattenimento” (esibizione di due solo elementi, in pratica il piano-bar o il duo acustico) e “spettacolo” (i concerti veri e propri). Tutto questo ha creato molta confusione a riguardo.
Di tutto questo si è parlato sabato scorso al Kalhesa durante la conferenza stampa organizzata dal Centro Commerciale Naturale Piazza Marina & Dintorni, per discutere delle normative oggettivamente poco chiare in materia di organizzazione di spettacoli e intrattenimento all’interno di attività autorizzate alla somministrazione. Le adesioni sono state numerose, l’incontro ha visto la presenza di esercenti, musicisti, operatori culturali, giornalisti e anche assessori comunali; alcuni interventi sono stati particolarmente toccanti, proprietari di locali che si sono visti chiudere la propria attività per cavilli legali paradossali, e che sono riusciti a malapena a vincere ricorsi dopo tanti anni, periodo in cui ovviamente non hanno potuto riaprire il proprio locale.
Lorenzo Quattrocchi, contattato da noi telefonicamente, precisa che “le misure di sicurezza richieste per il rilascio dell’ormai famosa licenza C – quella riguardante la somministrazione di spettacoli o “serate danzanti” in locali pubblici- , per un locale da 100 persone come il MiKalsa, sono inattuabili: comporterebbero lavori strutturali che solitamente riguardano le discoteche. Tutto ciò è assurdo anche perché si fa riferimento a una legge promulgata da chi aveva una visione della collettività completamente diversa dalla nostra,  legata alla realtà sociale degli anni ’30. La licenza, inoltre, è completamente blindata, poiché a numero chiuso”. Naturalmente Lorenzo non si è arreso, anzi: in attesa di sapere se il locale verrà dissequestrato: al di là di come finirà la vicenda specifica, “c’è voglia di fare qualcosa per la città – continua Quattrocchi – e ci stiamo organizzando, con gli artisti che finora sono sempre stati vicini al locale e alla strategia culturale collegata ad esso”. Senza ombra di dubbio, quindi, proteste musicali anche di grande impatto risveglieranno il tepore estivo della città. Inoltre, “è fondamentale far sapere che esiste una legge del 2001 che, a proposito dei locali notturni, sottolinea il concetto di capienza e fa una corretta differenziazione tra piccoli e grandi locali; non si capisce come in Sicilia tutto questo non sia stato ancora recepito”. Con un’azione del genere, insomma, si rischia di castrare non solo l’attività di un locale, ma un modo specifico di fare arte, una “strategia culturale che in pochi a Palermo hanno attuato in questi anni. Il nostro locale infatti è l’unico che ha un cartellone artistico annuale completo, e col tempo è diventato un luogo aggregante, un terreno fertile dove fare cultura. Forse quello che ha dato fastidio in questi anni è che il locale si reggeva sulle proprie gambe… il messaggio che passa, alla fine, è che le attività abusive vengono lasciate in pace”. E adesso, ci si chiede che cosa si farà in futuro. Lorenzo ha un’idea ben precisa: “ Se le leggi riguardanti i pubblici esercizi sono così restrittive, allora bisogna pretendere delle deroghe, altrimenti dovrebbero chiudere tutti. Ci vogliono delle assicurazioni per gli esercenti in questo senso”. L’amarezza accumulata in questa settimana, però, è stata in qualche modo addolcita dalla risposta della gente che si è interessata al problema: “ho ricevuto tantissime email e di telefonate in questi giorni, e questo mi ha fatto capire cosa si possa fare in questa città. Nonostante tutto credo nelle potenzialità artistiche di questa città e se ci attiviamo tutti quanti forse finalmente riusciremo a dare una svolta”.
C’è quindi speranza che la “Palermo rumorosa” (definizione della rivista “Rumore” riguardante la nuova generazione di artisti palermitani) possa finalmente farsi sentire e fare chiarezza su un argomento che ormai da troppo tempo assilla esercenti, musicisti, clienti. Sperando che la legge venga applicata in modo equo e che a rimetterci, come spesso accade di questi tempo, non sia l’arte.

IL SEQUESTRO

Il sequestro del MiKalsa è avvenuto a causa dell'applicazione dell'art. 68 del regio decreto del 1931, cd. testo unico di pubblica sicurezza.

L'applicazione rigida di questa legge, che non tiene conto dell'abrogazione in più parti avvenuta attraverso due sentenze della Corte Costituzionale, vieterebbe di fatto la possibilità di organizzare spettacoli musicali in mancanza della licenza di pubblico spettacolo.

In più a Palermo, in questo momento, tale licenza è blindata anche per via del fatto che un'altra specifica licenza viene richiesta come presupposto per poter presentare l'istanza [ trattasi della licenza di categoria C, il cui fine per altro è quello di poter somministrare alimenti e bevande in luoghi deputati allo spettacolo, come cinema e teatri, e non il contrario]. Tale licenza di Cat. C è contingentata dal Comune di Palermo. Significa che c'è un numero massimo di licenze e queste sono state già tutte assegnate.

Al momento NESSUN pubblico esercizio a Palermo con capienza inferiore a 200 persone possiede questa licenza di pubblico spettacolo, anche perchè è la medesima che viene richiesta per le discoteche [cosa c'entrano poi le discoteche con i music club?].

Questo vuol dire che tutti i locali dove si fa o si potrebbe fare musica dal vivo a Palermo sarebbero ABUSIVI.

Questo vuol dire che, stando così le cose, NESSUNO potrebbe proporre musica dal vivo perchè si rischia la chiusura/sequestro a tempo indeterminato anche alla prima contestazione della polizia amministrativa.

PER QUESTO OCCORRE PROTESTARE, CONTRO L'AZZERAMENTO DEGLI SPAZI CULTURALI.


SE TOGLI BENZINA ALLA CULTURA, TOGLI BENZINA AL CERVELLO!

[da LIVE IS LIFE, gruppo su Facebook: http://www.facebook.com/group.php?gid...]
nel particolare:
La materia dei pubblici spettacoli è ancora oggi disciplinata dal Regio Decreto n. 773 del 1931 (TULPS)

In particolare, l'art. 68 del TULPS disponeva che "Senza licenza del Questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, né altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione".

In seguito all'entrata vigore della Carta Costituzionale (1948), il menzionato art. 68 TULPS non potendo in nessun caso essere in contrasto con quanto disposto dalla Costituzione, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo in alcune sue parti.

In particolare: con sentenza n. 142 del 15 dicembre 1967 è stata dichiarata "l'illegittimità costituzionale dell'art. 68 del T.U. delle leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico, senza la licenza del questore, in riferimento all'art. 17 Cost."

Con sentenza n. 56 del 15 aprile 1970 è stata poi dichiarata "l'illegittimità costituzionale degli artt. 68 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e 666 del codice penale, nella parte in cui prescrivono che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del Questore".

La giurisprudenza si è successivamente uniformata alla intervenuta abrogazione disponendo, tra l'altro, che "l''obbligo di licenza di cui all'art.68 è previsto solo nel caso di attività ricreative organizzate in forma imprenditoriale in luoghi aperti al pubblico" (TAR Veneto, 3 febbraio 1998 n.114, Sentenza citata a titolo meramente esemplificativo tra le molteplici che si esprimono (né potrebbe essere diversamente) in tal senso.



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